Almanacco del Bandista - Banda Musicale Casalanguida

Cerca
Vai ai contenuti

Menu principale:

Almanacco del Bandista

Almanacco del bandista


Benvenuti nel primo appuntamento dell’Almanacco del Bandista, rubrica gestita dalla Banda Angelo Basilico D’Annunzio, che nasce con l’intento di far conoscere curiosità, aneddoti di vita bandistica e non, e i personaggi illustri del paese della Banda.
Il primo dei personaggi di cui narreremo è Angelo Basilico D’Annunzio, che dà il nome alla nostra Banda, e di cui pochi giorni fa è ricorso il trentennale dalla morte.
Angelo Basilico D’Annunzio nasce a Casalanguida il 17 aprile 1904 da Giustino Basilico, originario di Gissi, e Michelina D’Annunzio, originaria di Casalanguida. Il piccolo Angelo cresce con la madre, poiché il padre nel 1908 emigra verso il Brasile.
In età giovanile Angelo decide di assumere il cognome materno. Passa l'infanzia e la giovinezza tra le viuzze del paese, respirando arte e imparando a suonare l'oboe nella scuola bandistica locale (il suo primo mentore è Alfonso D'Annunzio), che scova in Angelo il talento quasi genetico nei Casalanguidesi.
Inizia a muovere i primi passi della sua carriera artistica presso diversi complessi: Bolognano (Pescara, 1929-1931), Casalanguida (1935), Atessa (1937) e Osimo (Ancona, 1938-1945).
Per quanto concerne la vita privata, convola a nozze con Maria
Matteucci, maestra elementare originaria di Canosa Sannita, e dalla cui unione nasce Samuele.
Dopo la fine del secondo conflitto mondiale, nel 1946, torna a Casalanguida poco più che quarantenne, e decide di declinare incarichi prestigiosi e ben remunerati per legarsi a Casalanguida, l’amata terra natìa, nonostante le modeste prospettive economiche. Angelo Basilico D’Annunzio presta la sua opera con diligenza, professionalità e competenza a Casalanguida fino al 1970.
In quel periodo, negli anni che vanno dal 1962 al 1967, il maestro
D’Annunzio dirige il “Gran Concerto Banda di Chieti” al cui interno suonano con dedizione ed impegno tutti i bandisti, ed amici, casalanguidesi. Angelo Basilico D’Annunzio vive i suoi ultimi anni a Casalanguida, dove muore il 3 luglio 1990.
Il 29 luglio 2006, per volere dell’Associazione Musicale Casalanguidese Santa Cecilia, viene apposta una stele commemorativa sulla facciata della sua casa natìa a ricordo indelebile della sua vita bandistica e del suo amore per le radici.
Della sua figura restano la sapienza, un proverbiale rigore su intonazione e ritmo, e la capacità di andare oltre la tecnica e lo stile, trasmettendo ai bandisti il valore e il messaggio che ogni compositore metteva nella propria musica.
A cura di Lisa Pomilio, Rosalia Di Risio, Rodolfo D'Annunzio






IL CARUSO DEI TROMBONI D’ITALIA
Nel secondo appuntamento de l’Almanacco del Bandista abbiamo deciso di narrarvi di Pietro Colantonio che, a detta di molti, è stato uno dei più grandi musicisti della storia casalanguidese. Molte delle informazioni raccolte ci sono state date dal nipote Pietro, figlio di Natalino, di cui non solo condivide il nome ma anche la passione per la musica. Questi aneddoti sono stati tramandati in via orale tramite i ricordi di chi aveva conosciuto suo nonno, e la cosa che ci stupisce è che il carisma musicale è rimasto impresso nelle memorie per anni.
Pietro Colantonio nacque a Casalanguida il 7 Gennaio 1882 da Nobile e da Cleonice D’Angelo, originaria di Bomba.
Il futuro Bandista crebbe in Via del Popolo, all’insegna della semplicità e dell’amore per la musica.
Nel 1910, i genitori e alcuni fratelli, emigrarono verso l’Argentina, ma Pietro, nonostante l’affetto per la famiglia, decise di restare a Casalanguida per amore del suo paese e per la Banda, in cui mise l’anima. Durante il primo conflitto mondiale (1915- 1918) suonò con la Banda Regia. Si sposò con Anna Giustiniani, anch’essa originaria di Casalanguida e dalla cui unione nacquero nove figli. Pare che il Teatro Regio di Parma, dove avrebbe vinto un concorso, gli avesse offerto un ingaggio importante, ma lui decise di restare a Casalanguida poiché alcuni suoi concittadini si impegnarono per offrirgli un lauto compenso al fine di non privare la Banda Casalanguidese di uno dei suoi migliori elementi. Come tanti bandisti del nostro paese, nei periodi tra aprile ed ottobre, Pietro viveva fuori casa per la stagione artistica. Il nipote ci narra che, in gioventù, Michelangelo Pili (bassotuba) gli raccontava a sua volta che Pietro Colantonio aveva un amore vivido per lo strumento, che puliva fino a far brillare, per la divisa da bandista che rendeva perfetta prima di ogni esibizione, cosi come curava maniacalmente i suoi baffi, che portava orgogliosamente pettinati all’insù. Pare che quando Pietro eseguisse uno dei suoi assoli in piedi, il pubblico restasse estasiato paragonandolo a “un monumento, tutt’uno con lo strumento”. Quando saliva sul palco, gli altri bandisti lo riverivano alzandosi in piedi e togliendosi il cappello, salutandolo con un “buonasera Professò", appellativo che poi divenne il nomignolo di famiglia e che era dovuto, oltre che ad una notevole tecnica, anche all’aver frequentato il Conservatorio a Cremona, dove viveva uno zio materno, per tre anni. Il “Professore” trasmise il suo amore per la regina delle arti ai figli, infatti due di loro, Edmondo e Nicola, suonarono con lui in contemporanea nella Banda.
La passione per la musica è passata di padre in figlio, tant’è che anche i suoi nipoti, l’omonimo Pietro e i fratelli, si nutrono di essa. Il nipote, con orgoglio e un velo di commozione nella voce, ci dice che, da giovane, suonava nella Banda paesana, e Nino Forchetti gli diceva “Se ti impegni potresti diventare come tuo nonno, non hai idea di che gigante della musica era”. A quanto ci racconta, da ragazzo, in molti gli narravano del virtuosismo musicale del nonno. Durante l’inverno, quando la Banda era a riposo, il nostro Pietro Colantonio era solito esercitarsi quotidianamente con il trombone. Angelo D’Annunzio, “il poeta delle api”, suocero di Nicola Di Croce (medico condotto e poeta a cui è intitolata una piazza di Casalanguida) smetteva di operare con i suoi favi per ascoltare il suono del trombone, mentre altri casalanguidesi si raggruppavano e lo ascoltavano di nascosto dal primo ponticello verso Policorvo, mentre le note piene si diffondevano nell’aria. Pare fosse così stimato che addirittura don Antonio, proprietario di Palazzo Procaccini, (attuale sede della Casa Comunale) riveriva la nuora Maria (moglie di Natalino e madre di Pietro, il nipote). Maria un po' divertita e un po' incuriosita gli chiese perché si togliesse il cappello ad ogni incontro occasionale, e lui rispose che lei era "la nuora del Professore". Pietro Colantonio era ed è tutt’ora noto per essere il “Caruso dei tromboni d'Italia”, definizione che trovò origine da un’intervista fatta ad Angelo Basilico D’Annunzio da una radio della Rai intorno agli anni ’70, in cui il maestro lo definì così perché il suo trombone aveva un suono così viscerale da essere associato al canto di un tenore. Anche il nostro maestro Rodosi D’Annunzio ci racconta che durante gli anni ‘70, quando girava con la Banda nel sud Italia, in molti ricordavano ancora il possente assolo del Caruso a oltre venti anni dalla morte. Sempre Rodosi ci dice che si racconta che Pietro durante un acuto, vedendo che la fiamma del lume a olio sul palco si stava spegnendo, la controllo' e ravvivo' con il suono dello strumento. Altre piccole chicche ci vengono narrate dal loquace nipote che, in gioventù, aveva sempre sentito parlare con onore del nonno. Sempre nel corso degli anni ‘70, in quel di Castellaneta (provincia di Taranto) il nipote Pietro, che suonava in un gruppo chiamato “Starmen”, venne avvicinato da un anziano signore con il bastone che raccontò di un grande bandista di Casalanguida che suonava il flicorno tenore. O in quel di Agnone per un concerto serale, quando tutti cercavano il nostro Caruso e lo trovarono in una cantina (il bar di una volta). Angelo Basilico D’Annunzio, convinto che avesse bevuto un po’, gli chiese se se la sentisse di suonare e Pietro Colantonio replicò :”Tu tieni il tempo, che al resto ci penso io”, e fu una delle sue migliori esibizioni. Un'altra testimonianza ci giunge da Arduino, il più longevo degli attuali bandisti, che ebbe la fortuna di suonare con il Professore. Ci ha raccontato che quando suonava, il suono del trombone era talmente intenso che sembrava prendere vita ad ogni nota.
Il “Caruso dei Tromboni” morì il 17 Aprile 1945. Sulla sua tomba, situata al cimitero di Casalanguida, sono incise tali parole:
“Qui riposano le ossa del Professore Colantonio Pietro. N. 7/1/1882 M. 17/4/1945 La moglie e i figli deposero.”
A cura di Lisa Pomilio, Rosalia Di Risio, Rodolfo D'Annunzio




MICHELANGELO PILI, TUBISTA TITOLARE NELL'ORCHESTRA DELLA RAI

Nel terzo appuntamento con l’Almanacco del Bandista, vi vogliamo raccontare di Michelangelo Pili, tubista molto affermato dell’Orchestra Sinfonica Rai di Torino.
Michelangelo nasce a Casalanguida il 30 ottobre 1910 da Gennaro e Concetta. Vive in via S. Bartolomeo con la famiglia e, correndo per i vicoli del paese, cresce tra note musicali assieme ai due fratelli Luigi e Ferdinando, anch’essi futuri suonatori, rispettivamente, di timpani e tromba bassa. Come tanti ragazzini di Casalanguida, impara ad amare la musica, studiando la tromba in Si bemolle sotto la guida dei maestri locali Vincenzo Forchetti e Alfonso D’Annunzio per poi entrare nella banda cittadina.
Successivamente, conscio di trarre i massimi frutti dal talento musicale, Michelangelo decide di cambiare strumento, passando al bassotuba, in modo da imprimere una svolta alla propria carriera.
Passa le estati della prima giovinezza girando l’Italia Centro-Meridionale, fiero di tenere sempre alto l’onore della “gloriosa Banda di Casalanguida”.
A 20 anni, durante il servizio militare, suona nella banda presidiaria di Bari diretta dal maestro Rubini, per poi rimanere in Puglia, conteso dai maggiori complessi regionali grazie alla sua notevole bravura, cui si accompagna una robusta determinazione
Così, per quattro anni, Michelangelo è tubista nel sodalizio di Gioia del Colle sotto la direzione del celebre maestro Carmelo Preite che, apprezzandone il valore, lo conduce con sé nel 1950 fino alla prestigiosa Banda Comunale di Venezia. La città lagunare è il trampolino di lancio verso il mondo orchestrale al Teatro La Fenice.
Sposa Concettina Vaini, originaria di Monteodorisio, dalla quale ha due figli, Gennaro e Sebastiano.
Nel 1950, dopo aver vinto il relativo concorso per il posto di bassotuba, approda all’Orchestra Sinfonica della Rai di Torino, dove suona fino al 1970, quando va ufficialmente in pensione. Ma, nonostante si trasferisca a Roma per godersi il meritato riposo, le audizioni volte a trovare un degno successore falliscono e, così, celebri maestri, esortano la Rai a richiamare in servizio la squisitezza musicale di Michelangelo fino al 1978. In quell’anno a raccogliere la sua eredità, è addirittura un tubista giapponese.
Durante la sua lunga carriera ha la fortuna di conoscere i più grandi direttori del Novecento: Sergiu Celibidache (suo personale amico), Herbert von Karajan, Igor Stravinski ,Carlo Maria Giulini, Lorin Maazel, Zubin Mehta, Georges Prêtre e molti altri.
I colleghi di orchestra, estremamente colpiti dalla raffinata tecnica di Michelangelo, gli chiedono in quale conservatorio abbia conseguito il diploma. Il dotato tubista, privo di un percorso accademico replica loro, con un sorriso sornione, di essersi diplomato al Conservatorio di Policorvo. I colleghi perdono diottrie nel cercare sulla cartina geografica quella minuscola località, sita nel comune di Carpineto Sinello, dove è situato il famoso “Conservatorio di Policorvo”, ovviamente immaginario, e si stupiscono ulteriormente di quanto Michelangelo eccellesse, seppur privo di titolo.
Pur vivendo fuori, conserva un legame indissolubile con la natia Casalanguida, dove è ricordato per la sua personalità affabile, schietta e conviviale, oltre che per particolari virtuosismi musicali.
Infatti, durante le frequenti visite ai luoghi d’infanzia, delizia amici e giovani bandisti come i nostri Rodosi D’Annunzio e Franco Pomilio, che rievocano le strabilianti variazioni sul tema del Carnevale di Venezia con il bassotuba, strumento tecnicamente ostico per i passaggi di agilità, ma trasformato in veloce colibrì dal talento di Michelangelo.
Michelangelo Pili si spegne il 26 agosto1996 e riposa nel Cimitero Comunale della sua amata Casalanguida e lascia ai suoi concittadini un’eredità musicale di qualità e il lustro di aver portato in alto il nome della sua terra natia.

A cura di Lisa Pomilio, Rosalia Di Risio, Rodolfo D'Annunzio




Alfonso D'Annunzio - il genio fugace
Nel quarto appuntamento con l’Almanacco del Bandista abbiamo deciso di raccontarvi dello straordinario talento di Alfonso D’Annunzio, cometa nella Banda Cittadina e primo insegnante di alcuni dei musicisti trattati nelle settimane precedenti.
A causa della sua morte prematura si hanno poche notizie, e per di più frammentarie, giunte a noi tramite racconti orali e alcuni articoli della stampa del periodo.
Alfonso D’Annunzio nasce a Casalanguida il 25 luglio 1890 da Giacinto e Antonietta, maestra marchigiana in servizio a Casalanguida.
Fin da bambino prende le prime lezioni di musica, spiccando per capacità e velocità d’apprendimento. Poco più che ragazzino si trasferisce dalla sorella Ada in quel di Lucera (provincia di Foggia) dove incontra il suo mentore, il Maestro Silvio Mancini, da cui apprenderà tutto lo scibile musicale.
Spronato dal suo Maestro a frequentare il Conservatorio San Pietro a Majella di Napoli, Alfonso decide di mantenersi e pagare gli studi suonando in locali di intrattenimento, teatri e cinema dove, grazie alle virtù pianistiche, crea il giusto sottofondo alle pellicole mute.
Si diploma al Conservatorio di Napoli in pianoforte e strumentazione nel luglio del 1915. Mantiene stretti legami con il proprio insegnante Raffaele Caravaglios, illustre direttore di banda, professionista rigoroso ed esigente.
Articoli della stampa dell’epoca ci informano che suona, durante il periodo accademico, il clarinetto piccolo Mi bemolle con la banda di Lucera sotto la guida del Maestro Silvio Mancini.
Una locandina delle celebrazioni per la Madonna dell'Addolorata di Atessa riferisce circa un servizio svolto dalla banda di Casalanguida diretta dal Maestro Alfonso D'Annunzio nel settembre del 1919, simultaneamente alla banda di Atessa guidata da Antonio Di Jorio, maestro locale suo coetaneo e collega di studi presso il Conservatorio di Napoli.
Al fine di suggellare l’amore per la sua terra, nel 1919 ricostituisce la Banda di Casalanguida, riportandola ai fasti del passato, e ne assume la guida fino alla tragica morte. Nel 1922 torna a Lucera da affermato professionista e dirige la banda del paese natio per le festività locali del 15 e 16 agosto.
Da una testimonianza resa a Rodosi D'Annunzio da Mario Fiadone , suonatore di sax soprano, originario di Casalanguida e noto mobiliere negli anni ’60 a Pescara, emerge un aneddoto, proveniente dalle confidenze intrattenute con il Maestro Giustino Scassa, clarinettista presso l’Orchestra del Teatro Massimo di Palermo che, su richiesta di Pietro Mascagni, venne promosso a “prima parte”. Durante una festa paesana del 1921, Giustino Scassa, alla direzione della banda di Spoltore, si vede suonare contemporaneamente ad Alfonso D’Annunzio, che dirige la banda casalanguidese. Al tempo era usanza l'invito a pranzo per il maestro della banda da parte di famiglie abbienti, e in quell'occasione erano in due. Così, per mera casualità, si ritrovano a tavola insieme.
Sulla circostanza, il Maestro Scassa racconta a Mario Fiadone che invita il maestro Alfonso D'Annunzio, per allietare i commensali, a suonare qualcosa insieme al clarinetto, loro strumento comune. In realtà desidera superarlo nella sfida, conscio della sua bravura, ma per tutta risposta Alfonso replica che gli è nota la sua padronanza del clarinetto, e che pertanto preferirebbe accompagnarlo al pianoforte, eseguendo la Seconda Rapsodia di Liszt. Il maestro Scassa ricorda che, appena Alfonso sfiora i tasti bianchi e neri del pianoforte, rimane estasiato e, colto da stupore, si ferma ad ascoltarlo senza emettere un fiato con il suo clarinetto. Nasce così una stima profonda, al punto che quando D'Annunzio muore, lo stesso Scassa ne resterà profondamente turbato.
Alfonso scrive varie marce, tra le quali “Rimembranza” che viene incisa dalla Philadelphia Rossi Band nel 1927 per il mercato discografico statunitense.
Secondo le testimonianze, è in grado di eccellere in virtuosismi e variazioni con diversi strumenti: pianoforte, clarinetto, mandolino.
Nel dicembre 1923 si sposa con Maria Pasera, unione che durerà pochi mesi, poiché l’11 luglio 1924 Alfonso si toglie la vita e Casalanguida tutta osserva tre giorni di lutto cittadino per piangere l’illustre e prodigioso figlio.
Non sono giunte a noi foto del Maestro Alfonso D’Annunzio, ma rimane nell’immaginario collettivo, alimentato dalla catena di ricordi di chi lo ha conosciuto, la figura di un uomo elegante, che ammalia il pubblico femminile con i suoi modi “decadenti", distinguendosi grazie all’inseparabile foulard di seta e alla predilezione di abiti chiari.
Alfonso riposa nel Cimitero Comunale di Casalanguida e, sulla sua lapide consunta dal tempo, sono leggibili queste parole:
“Al Maestro Alfonso D’Annunzio. Asceso giovanissimo alla gloria dei cieli per vivere tra i grandi spiriti della sua arte in pace e in letizia. I musicanti della sua Grande Banda lacrimando a memoria perenne posero.”
A cura di Lisa Pomilio, Rosalia Di Risio, Rodolfo D'Annunzio




Maestro Vincenzo Forchetti
L’Almanacco del Bandista si veste d’autunno e torna per il quinto appuntamento.
In questo episodio narreremo del Maestro Vincenzo Forchetti, uno dei più noti musicisti e compositori del Paese della Banda.
Vincenzo Forchetti nasce a Casalanguida (CH) il 21 novembre 1872 da Donato e Carolina D’Alò.
Il colpo di fulmine con la musica avviene in tenera età, diviene infatti membro della Banda cittadina iniziando a suonare la tromba per poi passare ad altri strumenti a fiato. Qualche anno più tardi assumerà la direzione del complesso casalanguidese.
A cavallo tra l’800 e il ‘900, in un momento di repentini cambiamenti socio-culturali, consegue tre diplomi presso il Conservatorio “San Pietro a Majella” di Napoli (dove il 20.11.1914 consegue il titolo di “compimento superiore di pianoforte” ) e nelle prestigiose accademie filarmoniche di Bologna e Catania (ove resta fino al 1899), di cui non si hanno tracce poiché andati perduti durante la guerra.
Nel 1901 gli viene conferito un “Diploma di Socio Onorario” dove è riportato quanto segue:
Accademia Filarmonica Siciliana
Pietro Platania
DIPLOMA
“Questo Musicale Sodalizio, intento ai nobili fini dell’arte, a raggiungere i quali è sotto gli auspicii del Sommo Maestro Siciliano PIETRO PLATANIA il cui nome compendia un intiero programma, CON Deliberazione del 27 Ottobre 1901 ha conferito il titolo di Socio Fondatore Onorario con medaglia d’argento al Sig. Forchetti Vincenzo Prof. Musicista Distinto.
E’ certo che dall’opera illuminata ed indefessa del nuovo Eletto, tanto distinta e reputata, il sodalizio acquisterà lustro e decoro.
Dato in Palermo lì 26 novembre 1901 Reg. Al n.211 A.
Il Segretario (Firma Autografa) Il Presidente (Firma Autografa)
Dopo la direzione della Banda casalanguidese, è la volta dei complessi di Bomba (CH), Loreto Aprutino (PE), Leonessa (allora provincia de L’Aquila), Sarzano (Provincia di Rovigo) e Morrovalle (provincia di Macerata).
A quei tempi, in una rubrica chiamata “Figure Abruzzesi” un cronista lo descriveva così: “La sua intelligenza è acuta e limpida, la sua coscienza purissima. Modesto nella nascita, è aristocratico nelle manifestazione della sua attività individuale e sociale. Mai una volgarità, un eccesso, uno squilibrio: tutto è in lui euritmia e compostezza. (…)“Egli oggi è fuori dal suo paese natale: ma per tutto questo i migliori suoi concittadini lo ammirano, lo ricordano, lo amano.”
Nel 1906, a 34 anni, il Maestro Vincenzo Forchetti è alla guida del complesso di Bomba, in uno dei momenti più alti della sua carriera artistica. Si sposa a Castiglione Messer Marino il 10 maggio 1906 con Maria Giuseppa, dalla cui unione nasceranno Giovanni, Elsa, Fedora, Memena, Donato.
Proprio nell’estate di quell’anno avviene la storica tournée a Costantinopoli (odierna Istanbul, ove tornò anche nel 1911), che lo consegnerà alla leggenda popolare. In seguito alle esibizioni nell’Impero Ottomano ottiene la Bacchetta d’Oro. In quell’occasione suonano con la Banda di Bomba anche alcuni musicisti della natìa Casalanguida.
Da un periodico dell’epoca Stavros Papadopoulos, Direttore artistico del Jardin Municipal de Petits Champs (situato nell’odierna Istanbul), elogia, ringraziandolo, il Maestro Forchetti e il suo complesso bandistico per i brillanti concerti nella capitale dell’Impero Ottomano.
Si narra che si classifica primo in un concorso per Direttore di Banda a Porto S. Stefano (Provincia di Grosseto).
Parallelamente alla direzione di Bande, si dedica alla composizione di marce sinfoniche e militari (vi è traccia del certificato di deposito Siae una di esse intitolata “n.° 20 Marcia Sinfonica per Banda – inedita datata il 1° maggio 1950) e risultano altri depositi alla SIAE nel 1952.
Le partiture delle marce sono conservate negli archivi della RAI, dove furono a suo tempo trasmesse, e altre vennero donate a un suo ex allievo, Nicola Benvenuto, Maestro e Direttore della Banda Fenaroli di Lanciano e al Maestro Pietro Marincola, conosciuto al Conservatorio di Napoli.
Nel 1935 Vincenzo Forchetti pubblica un saggio intitolato: “Argomenti. I maestri di banda, in Bollettino dei musicisti, II, 11, 12, agosto-settembre 1935, p. 242.” , posseduto dalla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze. In tale articolo il maestro Forchetti fa una disquisizione sul ruolo dei “Maestri di Banda” che “ hanno, naturalmente, un’importanza particolare, perché le bande adempiono ad una funzione insostituibile nella cultura musicale del popolo: dissodano il terreno, arano, gettano il primo seme in zolle che sono spesso eccezionalmente fertili”. Sempre nel medesimo articolo propone dei quesiti al Direttorio del Sindacato Musicisti per la tutela dei Maestri di banda, di cui scriverà anche in seguito.
Il 23 novembre 1936 partecipa alla commemorazione di Santa Cecilia a Morrovalle di Macerata con il complesso bandistico di Bomba, eseguendo le composizioni del Maestro Lauro Rossi.
Si ritira dalla scena pubblica nel 1937 presso la sua casa di San Vito Chietino (CH).
Nel 1938 Forchetti pubblica di nuovo un suo scritto intitolato “Problemi sindacali. Il limite di età nei concorsi per Direttore di banda, in Il musicista, V, 6, marzo 1938, pp. 102 – 103” posseduto dalla Biblioteca degli Intronati di Siena.
Nel 1939 ha fatto parte della commissione esaminatrice per gli esami di licenza e di diploma del Liceo Musicale “Luisa D’Annunzio” di Pescara insieme a Rachele Maragliano Mori e Vittorio Pepe in qualità di commissario tecnico.
E’ docente di armonia nel medesimo Liceo (divenuto l’attuale Conservatorio a partire dal 1°ottobre 1969).
Ha insegnato pianoforte e strumenti a fiato nella Sala di Musica di Morrovalle (Provincia di Macerata).
A strapiombo sul mare si gode il meritato riposo con la sua famiglia, ma continua comunque a comporre musica, per soddisfare le continue richieste dei suoi molteplici ammiratori, conservando comunque un filo invisibile con la sua Casalanguida, fino alla morte avvenuta il 26 settembre 1960 amorevolmente assistito dalla moglie Giuseppina e la figlia Fedora.
Le spoglie del Maestro Vincenzo Forchetti riposano nel cimitero comunale di San Vito Chietino (CH).
Alcune tracce dell’intensa carriera artistica del Maestro Forchetti sono custodite in un apposito fondo a suo nome presso l’Istituto Nazionale Tostiano di Ortona, ove sono presenti composizioni autografe, ritagli di giornale , titoli di merito e foto.
A cura di Lisa Pomilio, Rosalia Di Risio e Rodolfo D’Annunzio



Flag Counter
Torna ai contenuti | Torna al menu